
-benvenuti al piccolo cinema onirico-
piazza san francesco. c'è una ragazza zingara e olivastra che muove tra le braccia una fisarmonica verde. sa di est. la sua musica segue delle schiene che lei seleziona. io seguirei lei e le chiederei di cantarmi e ballarmi la sua storia, e poi l'amerei a fondo. ma la lascio sparire, la sua figura non trascina davvero me e la mia passione, ma l'antropologa.ho un uomo in testa oggi.-dimmi dimmi perchè-
c'è una zona praticamente non battuta salendo da via garibaldi. una signora che si muove lentamente su piedi storti e scarpe nere mi accoglie con un sorriso, un buongiorno, una contentezza di vedermi passare che mi commuove. salgo dalla strada che lei sorveglia. trovo sulla destra, di lato a una portarella verniciata di verde, un tegamino di crocchette per gatti. è un'immagine ricorrente della mia infanzia. crocchette da gatti, odore secco, dentini che tritano, vita di paese quasi campagna. più avanti noto i resti del tuffo di una piantina grassa. raccolgo un tentacolo brillante e spinoso, il più piccolino. lo soppeso in mano, non buca. sembra sempre in vita. vedo un gatto placido sotto una macchina e gli tiro il tentacolo. lo sveglio di botto, poi non so che fa. sono già oltre.-il mondo prima che arrivassi te-
c'è un altro signore curioso, vestito bianco-fornaio nella luce bollente delle 13. mi guarda come se fossi aliena o bellissima. i fornai mi fanno innamorare. e delle strade mi incuriosisce vedere il fondo, l'oltre, gli affacci. la via che da porta san clemente sale non mi fa guardare la valle. mi allontano un altro po' poi rigiro. tutte case di lato a case. poi una porta socchiusa. vedo dal campanello che c'è anche un ufficio. il signore in bianco s'è dissolto. entro. c'è fresco dal medioevo. c'è un fiasco enorme nella luce beige della corte interna, tra la polvere estiva. proseguo e vedo secchi di intonaco e arnesi da muratore. stanno ristrutturando le stanze che danno sul giardino rigoglioso, quasi arabo. lo sbircio in fondo. che bellezza. sono soddisfatta. esco in strada.-signorina prima volta dopo la prima volta prima volta non è più-
affronto la salita verso la fortezza, mi voglio sedere all'ombra con la faccia sulla vallata. scelgo una panchina e ignoro i passanti. mi viene quell'idea sciocca di voler restare lì per ore da quanto sono contenta. chissà perchè questa mania sporadica di prolungare e trattenere. penso di tirar fuori il libro della sontag. però prendo il tel e chiamo nonna per prendermi il numero dal dottore oggi. un signore anziano si ferma ad appoggiarsi alla staccionata proprio in linea con le mie gambe semiaperte, sedute. dopo un minutino scivola un po' di lato, ma resta. si sistema qualcosa dentro le mutande. gesto frequente tra i signori. si sistema di nuovo. e di nuovo. dopo la terza è sega. non mi va di dare immagine al suo trastullo.-non ti vantare se la tua si chiama vietnam-
ridiscendo con un percorso di deviazioni emotive fino alla stazione. selezionare è includere ed escludere. organizzo tra loro i pezzetti di città che conosco, il forno, piazza grande, le pizzerie. l'arte contemporanea è chiusa. la vita underground aspetta la notte. torno in waldarn dopo che il treno sparisce per ritardo, poi riappare. le mie spese di oggi: pizza, focaccia, cocacola, succo ace, chewingum. important optional: mp3.
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